È manutenzione straordinaria la realizzazione di lucernaio con accesso al lastrico solare solo tramite scala provvisoria
TAR Lazio, Roma, Sez. II-BIS, SENT. 12 febraio 2021 n. 1779
Deve qualificarsi quale intervento di mera manutenzione straordinaria (o al più, di restauro e risanamento conservativo ex art. 3, comma 1, lett b) e c) del Testo Unico Edilizia – d.P.R. n. 380/2001) la realizzazione di un lucernaio a raso della cucina, con accesso al lastrico solare solo tramite scala provvisoria, per fini di pulizia e di cura dello stesso e degli impianti ivi presenti di condizionamento e dell’antenna satellitare, con inserimento a scopo di protezione, trovandosi al piano 4 dell’edificio, di un’unica ringhiera sul lato strada.
Tale intervento non realizza una trasformazione del lastrico solare in terrazzo, trattandosi di area solo parzialmente delimitata, del tutto inidonea ad una sua fruizione e ad un suo godimento stabile e permanente, con accesso precario dal vano cucina sottostante; trattasi, in definitiva, di opere minori, strumentali alla pulizia e alla cura degli impianti e della copertura, senza variazioni di sagoma e di destinazioni d’uso, né incrementi di s.u.l. e volumetria.
Serra bioclimatica e funzione di completamento e di risparmio energetico dell’immobile
TAR Lazio, Latina, Sez. I, SENT. 6 agosto 2020 n. 320
La serra bioclimatica, per la sua funzione essenziale di completamento e di risparmio energetico dell’immobile cui accede, appare riconducibile alla nozione di “volume tecnico” che, quindi, come tale, pur potendo essere di per sé accessibile e abitabile, non può essere legittimamente destinato alla stabile permanenza delle persone
Una serra bioclimatica altro non è se non un porticato abitabile chiuso con vetrate. L’opera di chiusura di uno spazio con vetri, tuttavia, può considerarsi alla stregua di una serra solare, come tale distinta dalla veranda, soltanto qualora essa sia in grado di assolvere alla funzione di introitare la radiazione solare e di coadiuvare il riscaldamento dell’immobile cui accede, garantendo una riduzione del consumo energetico (TAR Toscana, sez. III, 16 ottobre 2019 n. 1361; TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 10 ottobre 2018 n. 970).
In tal senso, la serra bioclimatica, per la sua funzione essenziale di completamento e di risparmio energetico dell’immobile cui accede, appare riconducibile alla nozione di “volume tecnico” che, quindi, come tale, pur potendo essere di per sé accessibile e abitabile, non può essere legittimamente destinato alla stabile permanenza delle persone.
Il parere preventivo sull’intervento è reso nell’ambito di un’attività di tipo consultivo e in via collaborativa
TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 2 novembre 2020 n. 2053
Nel caso di richiesta di “parere preventivo”, avanzato dal proprietario di un immobile in relazione alla fattibilità di un intervento da realizzare, è stato affermato che:
1. Detto parere è “reso nel contesto di un’attività di tipo consultivo e in via collaborativa, quindi non in sede conclusiva”;
2. Non è autonomamente impugnabile, essendo mero atto endoprocedimentale al quale non può riconoscersi alcun carattere pregiudizievole;
3. Si è dinanzi ad un atto avente “natura atipica” ed “espressione di una attività di tipo consultivo-collaborativa”, che “non è in grado di produrre effetti lesivi della sfera giuridica degli interessati, poiché lo stesso non vincola l’Amministrazione rispetto all’eventuale provvedimento definitivo, che potrebbe avere un contenuto certamente differente, anche relazione alla connessa facoltà per le parti private di introdurre, nell’ordinario procedimento finalizzato al rilascio di un titolo edilizio, nuove argomentazioni e nuovi elementi”.
Quest’ultima affermazione è particolarmente interessante: proprio perché detta comunicazione non è un provvedimento, l’affidamento del privato che non può che essere relativo e l’amministrazione rimane titolare della facoltà di modificare il proprio orientamento, ad esempio perché successivamente alla consulenza viene a modificarsi la situazione di fatto (ad esempio, una nuova situazione dei luoghi) o di diritto (ad esempio, sono cambiate le norme), oppure perché nel frattempo sono intervenuto alcuni controinteressati che hanno evidenziato elementi prima ignoti e rilevanti.
Una struttura amovibile che funge da schermatura di un balcone non ha rilevanza edilizia
TAR Puglia, Bari, sez. III, sent. 11 giugno 2020 n. 847
L’apposizione di una struttura amovibile sul balcone, non ancorata in alcun modo al suolo o alle pareti laterali, diretta a schermare –durante la stagione invernale- il balcone stesso, proteggendolo dalle intemperie e consentendone una più agevole fruizione non appare –in ultima analisi- riconducibile a vera e propria “attività edilizia”.
La conferma di tale conclusione deriva anche dalla circostanza della rimozione dei pannelli in vetro senza ricorrere ad alcun attrezzo e dall’assenza di alcun elemento di fissità, stabilità e permanenza che consenta di configurare uno spazio stabilmente chiuso, con creazione di nuovo volume e superficie e conseguente mutamento di destinazione d’uso.
Non serve l’autorizzazione paesaggistica per l’integrazione o la sostituzione di lucernari purché gli interventi siano eseguiti nel rispetto degli eventuali piani del colore vigenti nel comune e delle caratteristiche architettoniche, morfo –tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti
TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 25 maggio 2020 n. 579
L’art. 2 del d.P.R. 31/2017 (Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata), nel prevedere le categorie di interventi esclusi dalla necessità del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, rinvia all’All. A, al punto A.2 del quale sono indicati, tra gli altri, gli “interventi sui prospetti o sulle coperture degli edifici, purché eseguiti nel rispetto degli eventuali piani del colore vigenti nel comune e delle caratteristiche architettoniche, morfo –tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti, quali: rifacimento di intonaci, tinteggiature, rivestimenti esterni o manti di copertura; opere di manutenzione di balconi, terrazze o scale esterne; integrazione o sostituzione di vetrine e dispositivi di protezione delle attività economiche, di finiture esterne o manufatti quali infissi, cornici, parapetti, lattonerie, lucernari, comignoli e simili (…)”.
Gli uffici tecnici comunali devono fornire, se richiesta, la consulenza preventiva sull’intervento edilizio che l’interessato intende eseguire
TAR Toscana, sez. III, sent. 30 aprile 2020 n. 527
L’art. 1 co. 3 del d.lgs. n. 222/2016 prevede che “Le amministrazioni procedenti forniscono gratuitamente la necessaria attività di consulenza funzionale all'istruttoria agli interessati in relazione alle attività elencate nella tabella A [comprensive dell’attività edilizia, n.d.r.], fatto salvo il pagamento dei soli diritti di segreteria previsti dalla legge”.
Alla luce del chiaro tenore testuale della disposizione, deve convenirsi con il ricorrente a proposito dell’esistenza di un vero e proprio obbligo delle amministrazioni coinvolte di fornire agli interessati la propria attività di consulenza. L’obbligatorietà della consulenza non ne modifica tuttavia la natura, che rimane pur sempre quella di una manifestazione di giudizio, come tale mancante di contenuto volitivo e provvedimentale.
Rispetto al tradizionale modello di attività consultiva, che viene prestata dagli organi a ciò deputati su richiesta di altre amministrazioni ed è, dunque, funzionale all’adozione di una scelta amministrativa, quella disciplinata dall’art. 1 co. 3 cit. è indirizzata da un’amministrazione procedente in favore del soggetto privato che ne faccia richiesta in vista del possibile avvio di un’attività parimenti privata. La previsione si colloca nell’ottica di servizio del cittadino e di un’azione amministrativa non solo partecipata, ma auspicabilmente collaborativa e condivisa, quando non consensuale, che vorrebbe essere alla base dell’intera riforma avviata con la nota legge n. 124/2015, della quale il d.lgs. n. 222/2016 rappresenta un tassello.
La norma in esame risponde, in buona sostanza, all’esigenza di orientare le scelte dei privati attraverso la conoscenza preventiva delle valutazioni dell’amministrazione procedente circa la possibilità di realizzare una determinata iniziativa con determinate modalità. La richiesta della consulenza gratuita all’amministrazione procedente non equivale, tuttavia, a richiesta del titolo abilitativo eventualmente occorrente per l’avvio dell’attività, così come il parere favorevole o sfavorevole dell’amministrazione non equivale, rispettivamente, a rilascio o diniego del titolo stesso; e se è vero che, alla luce del testo normativo, la prestazione della consulenza è obbligatoria, deve escludersi che il parere sia vincolante, di modo che esso neppure comporta un arresto procedimentale lesivo a carico del richiedente.
In altri termini, per quanto prevedibile possa apparire che la determinazione assunta dall’amministrazione procedente sull’istanza di rilascio del titolo abilitativo coincida con quello del parere preventivamente rilasciato, la mancata coincidenza – in positivo o in negativo – costituisce un evento del tutto fisiologico anche in mancanza di modifiche apportate dal richiedente ai contenuti della propria iniziativa, quale frutto di un sempre possibile ripensamento da parte dell’amministrazione procedente (indotto, se del caso, dalle sollecitazioni dell’interessato o di ipotetici controinteressati, ovvero da un mutamento della situazione di fatto o di diritto).
Realizzazione di aperture di finestre da tetto in luogo degli abbaini previsti in concessione
Consiglio di Stato, sez. II, sent. 14 marzo 2020, n. 1835
“La realizzazione, nella falda di copertura, di n. 3 aperture munite di VELUX® e di n. 2 lucernai di mt. 3 x 2 e 2 x l, invece che degli abbaini previsti dalla concessione, trattandosi di opere «non lievi, anche quanto a impatto visivo (essendo realizzate su tetto a falda)», richiede un titolo edilizio e dunque, “non assorbibile dalla domanda di condono del sottotetto”.
I giudici hanno implicitamente ritenuto corretto il giudizio del Comune secondo cui la realizzazione di tali elementi deve ritenersi una difformità totale rispetto al permesso di costruire richiesto.
Realizzazione di lucernari in aggiunta ad altre opere minori: qualificazione edilizia dell’intervento
Consiglio di Stato, sez. II, sent. 14 gennaio 2020, n. 356
L’apertura di tre lucernari nel vano soffitta non abitabile, la ridisposizione dei tagli interni, l’apertura di un accesso interno alla medesima soffitta, il rifacimento di pavimenti, rivestimenti ed impianti rientrano nell’alveo degli interventi come di manutenzione straordinaria, atteso che non si è proceduto all’aumento di superficie complessiva del fabbricato, né all’aumento di volumi, né al mutamento della destinazione d’uso dell’immobile, in quanto si è avuta una semplice ridistribuzione degli spazi interni con diversa rimodulazione della superficie dei vani preesistenti.
Conseguentemente, non serve il permesso di costruire né sono dovuti gli oneri concessori
Qualificazione edilizia della realizzazione di lucernari
T.A.R. Liguria, sez. I, sent. 17 settembre 2015, n. 745
“Avendo riguardo alla classificazione degli interventi edificatori dettata dal t.u. edilizia, la realizzazione dei lucernari pare riconducibile alla categoria della manutenzione straordinaria, ossia ad una categoria di interventi non sottoposti al regime del permesso di costruire, bensì a quello della SCIA, in assenza della quale le opere eseguite senza titolo non sono soggette alla demolizione, ma all’applicazione della sanzione pecuniaria”.
Nell’occasione i giudici hanno anche affermato che deve escludersi che la realizzazione dei lucernai comporti l’aumento della cubatura, della superficie o la modifica delle caratteristiche dell’edificio.
Diversa collocazione di aperture sulla facciata del fabbricato
T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-bis, sent. 17 marzo 2020, n. 3329
La diversa collocazione delle aperture sulla facciata del fabbricato è intervento di ristrutturazione che comporta la modifica del prospetto dell’immobile, da rimuovere, se abusivo (cfr. in termini anche Corte Cass. penale, III, n.20846 del 2015).
Finestrature con interposte parti apribili e munite di grate in ferro – qualificazione edilizia
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, sent. 23 maggio 2019, n. 1168
Due «finestrature con interposte parti apribili ed entrambe munite di grate in ferro», collocate ad un’altezza tale dal pavimento del luogo al quale si vuole dare luce ed aria, che non sono esercitabili le funzioni della veduta in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza (Cass. n. 18910 del 2012; Cass. n. 7267 del 2003; ) e non raggiungibili normalmente senza l’ausilio di strumenti appositi, non possono quindi di certo considerarsi «vedute» alla stregua dell'articolo 900 codice civile -non consentendo né di affacciarsi sul fondo del vicino (prospectio) né di guardare di fronte, obliquamente o lateralmente (inspectio) –, ma semplici «luci», in quanto consentono il solo passaggio dell'aria e della luce (in questo senso Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza 05.10.2015 n. 4628).
Le distanze previste dall’art. 9 del D.M. 1444/1968 non debbono essere rispettate con riferimento alle luci […]”.
In merito occorre specificare che la sezione (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 30 novembre 2018 n. 2706) ha affermato che “l'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, in materia di distanze tra edifici, fa espresso ed esclusivo riferimento alle pareti finestrate, per tali dovendosi intendere unicamente le pareti munite di finestre qualificabili come vedute, senza ricomprendere quelle sulle quali si aprono semplici luci” (Consiglio di Stato, sez. IV, 5 ottobre 2015, n. 4628; cfr., nella giurisprudenza civile, Cassazione civile, sez. II, 20 dicembre 2016, n. 26383).L’operatività della previsione è, quindi, condizionata dalla natura delle aperture”.